Tutte le vite del mondo in venti secondi, circa


Ieri sono andato a farmi una passeggiata per godermi l’ultimo straccio di sole e di ferie prima di beccarmi una sequenza di feriali lunga come minimo due mesi. Per destinazione del mio peregrinare, inutile quanto soddisfacente, ho scelto un grande parco con pochi alberi che se ne sta steso tra città e campagna a circa cento metri da casa mia: sono un uomo fortunato, no?, anche – forse – perché mi contento di poco.

C’era pieno di gente che aveva fatto la mia stessa pensata: coppiette, famiglie, cani e bambini, variamente miscelati e di tutte le taglie. A un certo punto incrocio due bimbi, le cui famiglie erano rimaste indietro una cinquantina di passi. Avranno avuto otto-dieci anni e si sentivano in condizione di dialogare in libertà; lei occhi azzurri, capelli lunghi e chiari, lui un poco cicciotto e raccoglieva sassi, mentre camminava un paio di metri dietro all’amichetta. Il dialogo che ho raccolto, tra i due, è l’archetipo massimo del motore del mondo come lo conosciamo, roba che se fossi uno scrittore vero avrei dovuto buttarlo giù io e invece me lo devo sentir dire da due “bocia” incrociati per caso. I due non si sono fermati mentre dialogavano e mi incrociavano.

Lui: “Ti piace qualcuno, in classe da te?”
Lei, senza voltarsi: “No.”
Lui: “E a scuola da te?”
Lei, con viso da martire, alzando gli occhi al cielo proprio davanti a me (che sono sicuramente più vecchio di suo padre): “No.”

Ecco. Tutto qua. Due battute e uno sguardo che concentrano l’archetipo di tutte le storie mai scritte o da scrivere. Così va la vita caro Michele, avrebbe detto Kurt Vonnegut se fosse stato con me.

6 pensieri riguardo “Tutte le vite del mondo in venti secondi, circa

  1. Chissà se qualcun altro avrebbe aggiunto: Ma il vero problema è il «come», no? Come uno le racconta, volevo dire.

    A me, invece, sfugge la profondità che credo avrei dovuto cogliere. O, forse, la poesia.

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    1. Se tu avessi visto l’espressione di lei (il “come”, Michele, quello che conta è il “come”) ti sarebbe stato magari un poco più chiaro. Niente poesia, né profondità ma solo “archetipicità”; tutto il resto uno la può vivere e raccontare in tutte le salse. In quel frangente io, per esempio, ho fatto molta fatica a non scoppiare a ridere.

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  2. Immagino la faccia disperata della bimba che pensa che non si innamorerà mai di nessuno perché non troverà nessun principe azzurro degno di lei. Chissà se il bimbo cicciotello va nella sua scuola? Perché in quest’ultimo caso gli avrebbe spezzato il cuore. Comunque hai ragione questo è l’archetipo di tutte le storie d’amore.

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  3. Niente, i bambini sono straordinari.
    Di fronte casa mia vive una famiglia: padre, madre e tre figli stupendi, due (maschio e femmina) sono gemelli. Loro stanno al piano terra, io li “spio” dal mio quarto piano quando escono nel cortile. C’è un’umanità intera dietro ogni cosa che dicono.
    Sarebbe venuto da ridere pure a me ascoltando le battute dei due piccolini nel parco.

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